Cinte murarie - Prima parte
Introduzione
Le cinte murarie costruite dai Sanniti a difesa dei loro centri abitati erano costruite con grandi massi, connessi a secco, più o meno rifiniti e adattati tra loro. Esse sono state classificate dal Lugli in quattro diverse tipologie, a seconda delle caratteristiche e disposizione dei massi che le compongono (vedi Fig. 1). Le cinte di Trebula Balliensis sono generalmente del secondo tipo; alcuni tratti della fortificazione del monte Castello sono riconducibili al primo tipo per la più scarsa cura con cui i massi sono tra loro sovrapposti.
Fig.1 - Classificazione del Lugli (da D. Caiazza)
La cinta di Trebula Balliensis
Il circuito murario dell'antica Trebula Balliensis è costituito da un possente muro esterno di recinzione che, dopo aver circuito completamente i fianchi dell'altura Monticelli seguendone a media altezza la linea delle terrazze o degli appiombi naturali della roccia, scendeva al pianoro "La Corte" in due lunghi bracci rettilinei che racchiudevano l'area rettangolare della città bassa (vedi Fig. 2).
Fig.2 - Pianta archeologica di Trebula Balliensis. In rosso
il circuito murario,in blu il torrente Rio Maltempo,
in verde la strada provinciale, in arancione le porte
di accesso.
Di questi due bracci si conserva quello occidentale (Foto F); quello orientale, che correva lungo il margine del profondo vallone denominato Rio Maltempo, è andato distrutto per l'erosione stessa del terreno, particolarmente in seguito a fenomeni di natura sismica. Detto diversamente, il braccio orientale della cinta muraria si trovava a destra della strada provinciale percorsa in direzione Treglia-Liberi, in una posizione che oggi è in netto dislivello rispetto a suddetta strada.
Tracce di questo muro si potevano scorgere un tempo nei materiali
disseminati lungo la rapida scarpata del torrente (cfr. Maiuri,1930).
Nel settore meridionale del circuito murario sopravvivono
ancora brevi tratti della cinta. Le mura che
seguono il pendio del colle Monticelli (foto C e D), presentano nei lati
nord e ovest due postierle (foto A e B); nella parte più interna
dell'altura sono presenti, come ulteriore difesa, due muri
tra loro paralleli (indicati in Fig.2 con m1 ed m2) che vanno
ad abbracciare la sommità del colle.
Situato più a nord e, parallelamente rispetto ai precedenti,
si trova un muro di terrazzamento che, con i lati del circuito
murario esterno, forma uno spiazzo a forma di triangolo(indicato
in Fig.2 con S), forse livellato artificialmente. La mancanza
in tale spiazzo di resti archeologici ostacola la comprensione
della funzionalità di tale area; Amedeo Maiuri (cfr. A. Maiuri,
1930) che essa fosse stata utilizzata in epoca sannitica come
luogo di culto e di spettacoli. Il circuito che cinge più
internamente la sommità del colle è frutto di ulteriori esigenze
difensive e, rispetto al muro esterno dell'acropoli, è di
datazione probabilmente posteriore.
Nei due bracci della cinta muraria che salgono verso il colle
la struttura presenta un'altezza variabile tra i 4 e i 5 metri,
mentre nella zona bassa della città l'altezza si attesta sui
3 metri. La tecnica costruttiva mostra una maggiore rozzezza
nelle mura dell'acropoli e nella cortina interna ad esso,
mentre nel tratto che racchiude il pianoro, la tecnica risulta
decisamente più accurata; i blocchi sono di dimensioni maggiori,
la sbozzatura e la regolarizzazione dei massi appaiono più
precise. Tale disomogeneità non sta ad indicare necessariamente
due distinte fasi costruttive; sono noti, infatti, casi di
tecniche eterogenee, sia pure contemporanee, in un'unica fortificazione.
Le mura di Caiatia (antica Caiazzo), sotto questo profilo,
sono analoghe a quelle di Trebula (cfr. Conta Haller,pag 17).
Quello che si può affermare con certezza è che la maggiore
accuratezza tecnica presente lungo il tratto occidentale delle
mura del pianoro sia dovuta a fattori difensivi, legati all'esigenza
di proteggere il tratto considerato più vulnerabile, là dove
si trovava una delle entrate principali della città. La cinta
muraria aveva infatti 3 porte; la prima era situata a metà
del lato occidentale ed era di tipo rientrante, difesa da
un saliente del muro e da due piccole postierle (foto E),
situate l'una a sinistra e l'altra a destra della porta, a
poca distanza da essa. Le postierle erano un punto di osservazione
e, nel caso di assalto, i soldati attaccavano il nemico uscendo da
entrambe; in tal modo, riuscivano a difendere la porta che si trovava
in mezza ad esse. Tali postierle,
come quelle presenti sulla sommità del colle Monticelli, presentano
apertura rettangolare, chiusa superiormente da lastroni monolitici
con funzione di architrave. La seconda porta si trovava sul
lato orientale della cinta, quasi ai piedi del pendio di Monticelli;
infine, la terza porta era posta sul lato meridionale della
cinta (Fig. 2).
Amedeo Maiuri datò la cinta di Trebula al VI secolo a.C. ma
tale cronologia sembrerebbe da abbassare al periodo compreso
tra il IV e il III secolo a.C., per due motivi: in primo luogo,
la costruzione del circuito murario di Trebula avrebbe avuto
impulso dall'esigenza di difendersi dalle minacce dei Romani
nel periodo delle guerre sannitiche (354 - 272 a.C.); inoltre,
si possono scorgere caratteristiche tipiche della tecnica
fortificatoria greca, come le due postierle ai lati della
porta e il saliente del muro che fiancheggia la porta. Questi
schemi penetrarono in Campania attraverso l'ambiente magno-greco.
Il circuito murario della città misura circa 2 km e racchiude
un'area di circa 20 ettari.