La religione di Trebula


Fin dall'antichità l'uomo ha avvertito il bisogno di dare una forma concreta alle virtù umane, positive o negative che fossero. Così, ad ognuna di esse, si associava un dio corrispondente e lo si venerava per propiziarsi le virtù che esso incarnava. E' molto difficile descrivere la religiosità degli antichi Trebulani a causa di una carente presenza di reperti archeologici a riguardo.
Anche in questo caso, l'assenza di una sistematica ricognizione archeologica, ci impedisce di descrivere in modo sistematico questo aspetto della vita sociale dell'antica Trebula. Di conseguenza, si è costretti a fare delle congetture sulla base di osservazioni di carattere empirico.
Percorrendo la strada in direzione della località "Campole", nei pressi del campo sportivo, si può notare "la grotticella", ovvero una grotta situata sul monte Cescocupo, poco distante dall'acropoli dell'antica città. Nei pressi di tale grotta furono ritrovate una freccia dell'età paleolitica e un'ascia dell'età neolitica. E' probabile che, in epoca preistorica, tale grotta sia stata sede di culto di qualche divinità a noi ignota. (Foto A e B)


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Un indizio che ci riporta a sacrifici e invocazioni è la pietra sacrificale ubicata in località Campole, presso l'ingresso del complesso agrituristico. Essa serviva a compiere sacrifici agli dei, attraverso l'immolazione di una vittima che poteva essere un animale o un uomo. E' ben visibile sulla pietra il solco attraverso il quale defluiva il sangue della vittima (Foto C e D). La presenza della pietra lascia presupporre l'esistenza, negli immediati dintorni, di una struttura più elaborata con funzioni religiose. D'altra parte, proseguendo di un centinaio di metri a destra del complesso agrituristico, si possono scorgere dei terrazzamenti con resti di murature in pietra calcarea, a testimoninza della presenza di un antico centro abitato in loco (Foto E ed F). Spostandoci al periodo sannitico, non ci sono tracce di luoghi di culto ma vale quanto detto a proposito della religione e dei templi presso le popolazioni sannitiche.


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Per quanto riguarda il periodo romano, il luogo che fornisce i segni più tangibili del culto trebulano è l'area circostante la fonte d'acqua in località "Ciesco". L'osservazione del sito mette in luce una struttura a due terrazzi. Quello inferiore, a terreno seminativo, ha come limite il bordo della carreggiata del ramo della Via Latina; quello superiore termina sotto una imponente roccia, in cui si possono osservare dei gradini ricavati nella medesima, ed è delimitato da un muro in opus reticulatus. Cosa potesse esserci in questo luogo è un quesito al quale si può dare risposta solo dopo una eventuale indagine archeologica.
Valutando le conoscenze attuali, possiamo solo fare delle congetture, più o meno verosimili, prendendo come spunto le testimonianze tramandateci e la natura del sito in esame. Il Ciesco sorge alla base del Monte Friento, ove sono ancora oggi attive due sorgenti, situate a poca distanza l'una dall'altra: Chorcicon (Corcica) e Cersicon (Ciesco).
Ci sono due ipotesi che possono essere formulate; la prima è che nel luogo sorgesse una fontana monumentale alimentata dalle acque delle suddette sorgenti. La seconda ipotesi vede sorgere sul posto un tempietto dedicato ad una divinità. Pendolino (cfr. Sclavia, Trebula, Saticula, Plistica pag 79) asserisce di essere stato testimone oculare, nel 1928, della presenza di tre colonne. Esse si trovavano tra il "Ciesco" e la "Corcica" (una località all'incirca 300 metri a est del Ciesco) e sono state tutte trafugate. Una di esse viene descritta con un capitello di stile dorico con un uovo (la vita che sboccia) tra il gufo e la civetta.
Inoltre, Pendolino tramanda che nel 1966, durante i lavori di costruzione del nuovo acquedotto, gli operai asportarono due statuette; una era in marmo e rappresentava una dea con faretra e l'altra in tufo, raffigurante una donna con un bambino in braccio, forse una mater matuta. Stando ancora alle testimonianze del Pendolino, il pavimento del tempio si troverebbe a 40 cm di profondità ed avrebbe una tipologia a mosaico policromo.
I gradini ricavati sotto l'imponente roccia conducevano molto probabilmente ad una edicola ospitante la statua della divinità. Anche se non c'è alcuna certezza di rigore scientifico, è probabile che la divinità venerata al "Ciesco" fosse Diana, dea della caccia e dei boschi. La conformazione naturalistica del bosco e la presenza delle sorgenti fanno di tale luogo un posto ideale per un simile culto. Forse è una congettura che non pecca troppo di fantasia, se si prende in considerazione la vicinanza di Trebula con Capua, che dedicò a Diana un grandioso tempio sul monte Tifata, quello appunto di Diana Tifatina.