I Sanniti
"Non sfuggivano la guerra e preferivano subire la conquista piuttosto che non tentare con ogni mezzo la vittoria" (Tito Livio, X, 31)
I Sanniti
Di questo popolo rimangono poche vestigia e testimonianze storiche abbastanza scarse. Gli unici indizi che ci hanno permesso di conoscere la loro civiltà sono i reperti trovati e i racconti degli storici di Roma antica (primo fra tutti Tito Livio) i quali erano asserviti al potere e quindi preoccupati più di lodare la grandezza delle conquiste dei romani che di descrivere la geografia del Sannio e dei popoli che vi abitavano.
Politica
Abbiamo già visto che i Sanniti erano riuniti in quattro tribù ognuna delle quali veniva detta Touto. Ogni Touto era composto da vari centri abitati e veniva governato dal Meddix tuticus, il quale aveva il compito di amministrare la legge, l'esercito ed aveva un ruolo nella religione ufficiale.
Convocava e presiedeva le riunioni del consiglio e dell'assemblea e veniva eletto democraticamente dai cittadini.
L'unità politica al di sotto del Touto era il Pagus, ovvero un distretto composto da vari centri abitati. E' probabile che ciascun pagus fosse governato da un meddix minor, subordinato al meddix che governava il Touto. Il pagus si occupava di questioni sociali, agricole e soprattutto religiose. I suoi membri si riunivano in assemblea dove approvavano leggi locali ed eleggevano i propri rappresentanti nel consiglio del touto.
La città ubicata in pianura si chiamava vicus (plurale vici) mentre quella delle zone montagnose oppidum (plurale oppia) ed era quasi sempre fortificata.
Trebula fu un oppidum appartenente al Touto dei Caudini.
Gli altri tre touti erano quello degli Irpini, dei Carricini e dei Pentri. Alla fine del IV secolo a.C. e all'inizio del III i Sanniti dovettero affrontare la seria minaccia delle mire espansionistiche dei Romani. I vari Touti si organizzarono tra loro e formarono la Lega Sannitica. Era un'entità governativa e militare solidamente unita nella ferma determinazione di tenere testa a Roma fino alla fine. I Romani riuscirono ad attrarre dalla loro parte i Campani (abitanti del territorio di Capua), gli Apuli(abitanti della Puglia) e i Lucani ma non riuscirono a convincere uno solo dei membri della lega sannitica a schierarsi al loro fianco contro gli altri.
I dati ricavabili dalle fonti letterarie ed epigrafiche documentano una sostanziale e continuativa presenza delle più illustri gentes (famiglie) del Sannio all'interno della sfera politica e sociale, nel periodo compreso fra le guerre sannitiche e il bellum sociale.
Queste famiglie esercitavano una sorta di monopolio nella gestione delle cariche politiche e sacerdotali. Una delle gens più nobili del Sannio caudino fu quella dei Pontii.
Tra i personaggi più illustri di tale ceppo possiamo ricordare Herrennius Pontius, padre di Gavius Pontius cioè il vincitore della battaglia delle Forche Caudine.
Anche il trebulano Lucius Pontius (Lucio Ponzio), a cui Cicerone rendeva visita a Trebula, apparteneva alla gens dei Pontii.
Nelle zone del Sannio annesse e controllate da Roma spesso si instaurava un saldo rapporto tra le gentes sannite e quelle di Roma. In tal modo i Romani si assicuravano un più saldo controllo dei territori assoggettati. Fino a che le gentes sannite ricevevano favori da quelle romane il sentimento antiromano dei Sanniti rimase placato.
Questa intesa venne meno dopo la sconfitta di Canne in quanto si registrò una spaccatura tra fazioni filoromane e filocartaginesi.
Economia
L'attività economica più redditizia era rappresentata dall'agricoltura, dall'allevamento del bestiame e dalla lavorazione dei prodotti che da esso direttamente derivavano, come la lana, le pelli e i prodotti caseari, che avevano un affermato mercato nei territori campani e pugliesi. Essi costituivano merce di scambio per tutti gli altri articoli che non si producevano sul posto e che venivano importati. Il contatto dei Sanniti con la Campania ne migliorò l'attività commerciale e lo sviluppo culturale, mentre la civiltà greca ne influenzò la religione.
Trebula, come tutte le zone periferiche del Sannio a contatto con i Campani, dovette sviluppare prima delle guerre sannitiche un'economia che andava oltre quella di pura sussistenza.
Gli scrittori antichi parlano, infatti, di colture estensive e specializzate e, in particolare, lodano la produzione di olio e di olive a Venafrum (Venafro) e dei celeberrimi vini di Trebula Balliensis e la fertilità del suolo del territorio di Allifae.
Dunque, la condizione di relativo benessere del territorio trebulano si fondava su attività agricole (e, forse, artigianali) specializzate e sul commercio con le realtà circostanti.
Tra le specie coltivate sono presenti soprattutto cereali, legumi, vite, olivo e frutta che costituivano, del resto, la base alimentare dei Sanniti.
Per quanto riguarda gli animali allevati, i più diffusi erano gli ovini e i caprini, per i prodotti da essi ricavabili (latte, lana). Venivano allevati anche i bovini, per il loro impiego come animali di lavoro, ma anche da sacrificio (specie i vitelli).
Società
Sia il clima che la diffusione della pastorizia imponeva l'uso di indumenti di lana che venivano lavorati dalle donne con il fuso e poi colorati e venduti. Gli ornamenti che usavano i Sanniti erano solitamente di bronzo, qualche volta d'oro o d'argento. La donna portava anelli, collane girocollo e bracciali; alcuni bracciali erano a spirale e terminavano con una testa di serpente, come testimoniano i ritrovamenti in molte tombe sannite. L'uomo indossava dei bracciali con varie raffigurazioni, come animali o forme geometriche; portava una corta capigliatura e barba ed usava delle larghe tuniche strette alla vita da un cinturone di metallo o di cuoio duro. Il cinturone era il segno che l'uomo aveva raggiunto la maggiore età ed era pronto a combattere per la difesa del suo territorio. I Sanniti erano infatti ottimi guerrieri e usavano dimostrare la loro baldanza fisica attraverso giochi di combattimento che avvenivano non solo durante feste e banchetti, ma anche in occasione di riti funebri di personaggi importanti, come poteva essere il meddix; la lotta finiva con la messa a terra dell'avversario; a volte questi giochi servivano anche a scegliere i giovani più forti da far maritare alle fanciulle più graziose.
Lingua
La lingua dei Sanniti era l'osco, termine che deriva da Osci, il popolo che ha preceduto i Sanniti nell'Italia centro-meridionale. Era una lingua autonoma, abbastanza diffusa tanto da essere capita sia dai Sanniti come dai Lucani e dai Mamertini che la diffusero anche nel nord della Sicilia, terra ove erano stanziati i Greci. La grammatica osca somiglia a quella latina ma le due lingue si differenziano nettamente per il suono delle parole e per l'ortografia. Purtroppo, a parte alcune epigrafi, non ci sono pervenuti testi di letteratura osca ma solo frammenti e testimonianze da parte dei letterati romani.
Religione
La religione fu un elemento importante nella civiltà dei Sanniti, tanto da costituire un fattore di unità tra i vari Touti. Infatti tutti i Touti sanniti adoravano gli stessi dei e, in caso di guerra, i soldati prestavano un giuramento sacro che non doveva mai essere violato. Infatti i Sanniti avevano nel loro esercito un corpo speciale di guerrieri che costituivano la Legio Linteata: dopo una cerimonia sacra i guerrieri giuravano di sacrificare la loro vita pur di difendere il proprio popolo. Le divinità adorate erano le stesse dei popoli del centro-sud dell'Italia: Giove, Marte, Apollo, Mercurio, Diana etc. Non esisteva un luogo di culto per ciascuna divinità ma tutti gli dei venivano adorati nello stesso luogo sacro. La Tavola di Agnone, una iscrizione sacra in lingua osca, è la prova che 17 divinità venivano adorate nello stesso luogo sacro. Le aree dove si veneravano gli dei erano distanti dai luoghi abitati. I sanniti temevano gli elementi o le azioni contaminanti; difatti, per scongiurarli, facevano ricorso a cerimonie di purificazione. Per esempio, quando i Romani furono sconfitti nel 321 a.C. alle forche caudine e furono fatti passare sotto il giogo delle lance sannite, quello può essere interpretato come un atto di purificazione dalla contaminazione apportata dall'invasore nemico. Un altro elemento che sottolinea la loro profonda religiosità è il rispetto che avevano per la fede religiosa delle popolazioni con cui venivano in contatto. Infatti gli storici ci tramandano che i sacerdoti sanniti, durante rituali e sacrifici, svolgevano alcune pratiche religiose che non erano tipiche del popolo sannita ma appartenevano ad altre popolazioni. Quale era la caratteristica dei luoghi di culto? Essi avevano un'area quadrata, al cui centro c'era di solito un altare ed altri elementi come sacelli, pozzi, vasche e quant'altro potesse servire per i riti. Inizialmente erano dei semplici luoghi di culto all'aperto con strutture durevoli abbastanza modeste o addirittura assenti. A partire dalla fine delle guerre annibaliche si registra una fioritura dell'edilizia dei templi. Molti di essi, sulla scia dei danni provocati dalle guerre, vengono dotati di strutture architettoniche.
Le necropoli
Il defunto veniva sepolto in posizione supina e, spesso, su di esso veniva deposto del cibo che simboleggiava l'ultimo pasto. Veniva deposto anche del vasellame, in quantità e qualità variabile a seconda dello status sociale del defunto. Tra il V e il III sec. a.C. le tombe erano semplicemente delle fosse di terra con poste ai lati delle spallette di tufo e ricoperte in genere con due pietre tombali di tufo. Successivamente iniziarono a impiegarsi tegole e tegoloni per il rivestimento e la copertura della fossa. Per il posizionamento del defunto venivano utilizzati sarcofagi o casse di legno, come testimoniano alcuni chiodi ritrovati in varie tombe. Spesso, le tombe avevano una disposizione tale che i piedi del defunto erano orientati in direzione est - ovest. Dagli esami condotti sugli scheletri di numerose tombe sannitiche si è potuto capire che le condizioni di vita di allora erano piuttosto difficili, visto che l'età media superava di poco i quarant'anni. Nelle tombe maschili è possibile ritrovare uno o due cinturoni a testimonianza dello status sociale di guerriero oppure vari tipi di arma tra cui spicca la cuspide di lancia. Caratteristica è la presenza del cratere, posta ai piedi del defunto, maschio o femmina che sia. Spesso, nelle tombe femminili, sono presenti fibule in ferro, in bronzo o in argento, oppure oggetti di arredo personale, come gli anelli e arnesi per la lavorazione della lana. Le ceramiche utilizzate nelle tombe del IV e III secolo a.C. venivano importate in gran parte dalla Campania, le più diffuse erano quelle di bucchero nero e rosso e non è raro che esse venissero prodotte nella stessa zona di utilizzo, come dimostrano diverse fornaci rinvenute nel territorio sannitico. Alcune di queste fornaci sono state rinvenute a Treglia, alle pendici del monte Castello. Esse sono di pianta circolare del diametro di circa 4m, dotate di un ampio praefornium. Dunque, la presenza di tali fornaci, dimostra che i Trebulani producevano in loco i vari tipi di vasellame che serviva per il corredo funerario, per i riti religiosi e come utensili domestici.
Numismatica
Prima della guerra sociale gli stati del Sannio non coniarono né emisero moneta. In realtà alcune città sannite emisero moneta ma lo fecero quando ormai non facevano più parte del Sannio in
quanto vinte e sottomesse da Roma. Così Allifae e Fistelia nel IV sec. a.C. coniarono monete d'argento, mentre nel III sec. a.C. Aquilonia, Cubulteria e forse Venafrum, Caiatia e Telesia ne
coniarono di bronzo. Le scritte sulle monete di Allifae e Fistelia sono più spesso greche che osche, e ciò è sufficiente a dimostrare la loro provenienza dalla Campania più che dal Sannio.
Evidentemente le monete venivano usate nel commercio con la Campania e quindi dovevano circolare in tale regione, e non negli altipiani del Sannio. Le monete di Cubulteria recano incisioni
simili a quelle di Napoli e addirittura lo stesso marchio della zecca che compare anche su monete di Aesernia, Cales, Suessa Aurunca e Teanum Sidicinum; questo lascia supporre che le città che erano
state sannite dovevano aver formato, con il consenso se non addirittura con l'incoraggiamento dei Romani, una salda lega monetaria con le città immediatamente a ovest del Sannio.
Quando scoppiò la guerra sociale(91-87 a.C.), gli alleati di
Roma insorti coniarono le loro monete; alcune di esse recavano iscrizioni latine, altre osche, altre erano un ibrido tra latino e osco.
Sul rovescio di alcune monete erano raffigurati dei guerrieri in atto di prestare giuramento di lealtà su un maialino sacrificale. Tale scena aveva valore di propaganda politica: la raffigurazione di popoli diversi in atto
di stringere un patto comune poteva aiutare a sottolineare l'aspetto federativo del movimento degli insorti. Tali monete recavano il nome Italia (latino) o Vitelio (osco), invece di Roma, ovviamente per sottolineare il contrasto tra
la natura federale della loro organizzazione e la dominazione esercitata da Roma.
Un altro aspetto propagandistico riguarda alcuni esemplari di monete in cui è raffigurato un toro italico (sannita?) nell'atto di incornare o calpestare una lupa romana.
Tutte queste monete appartenevano alla federazione degli Italici e non devono quindi essere intese come puramente sannite; le uniche monete sannite dovettero essere emesse solo negli anni 89-87 a.C. quando, dopo il crollo di tutti gli Italici insorti, i Sanniti erano
praticamente rimasti da soli a combattere contro Roma. Tra tali monete è da inquadrare sicuramente una in osco che reca orgogliosamente la scritta Safinim (l'equivalente osco di Samnium).
Comunque, la generale scarsità di monete ritrovate in tutta l'area sannitica fa pensare che i Sanniti, nei loro scambi commerciali, dovessero usare massicciamente un sistema di baratto o forse dei lingotti.
Questo non desta perplessità se si pensa che Cartagine, uno dei grandi stati commerciali dell'antichità, fece per lungo tempo un uso molto ristretto di monete, e i Romani non cominciarono ad emetterne se non dopo il 300 a.C.