La seconda guerra sannitica
"Non sfuggivano la guerra e preferivano subire la conquista piuttosto che non tentare con ogni mezzo la vittoria" (Tito Livio, X, 31)
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LA SECONDA GUERRA SANNITICA (326 - 304 a.C)
Prima di delineare i tratti essenziali della seconda guerra
sannitica, cerchiamo di capire i motivi che la causarono.
A Roma c'era sicuramente una fazione politica che premeva
per una politica di espansione verso sud che avrebbe consentito
a Roma di accrescere la sua potenza politica ma soprattutto
economica. Mettere le mani sulle fertili terre della Campania
peraltro industrializzata significava incrementare ulteriormente
la ricchezza dell'urbe. Secondo Livio,
i fautori di una simile
politica furono la componente patrizia del Senato;
questo
non esclude che essi abbiano ricevuto appoggio da parte
di personaggi di file plebee, specialmente dopo che i plebei
ottennero il diritto a uno dei due consolati potendosi dedicare,
in tal modo, a problemi di politica estera.
In conformità ad un siffatto progetto politico
i Romani iniziarono
a stringere una ragnatela di alleanze;
essi fondarono nel
334 a.C la colonia di Cales (Calvi Risorta) per contrastare
il dominio sannita nel territorio di Teano e nel 328 a.C.
quella di Fregellae (Ceprano) in una posizione strategica
per il controllo della valle del Liri. In realtà questo avrebbe
portato i Romani ad evadere il loro trattato coi Sanniti,
giacché Fregellae si trovava sulla sponda sinistra del Liri,
ovvero in territorio dei Sanniti. Questi ultimi, a loro volta,
avevano cercato nuove alleanze e stretto accordi con gli Eruschi
a nord di Roma ma furono costretti a non dichiarare subito
guerra perché i Romani si erano alleati con Alessandro il
Molosso, un condottiero al servizio di Taranto.
Preferirono
adottare un'offensiva diplomatica,
alleandosi, a loro volta,
con alcune città della Campania di lingua osca come Nuceria,
Nola e Napoli.
Napoli era non solo osca ma anche greca; fu proprio la fazione
greca che, entrando in contrasto con quella sannita, cominciò
a tessere contatti segreti con Roma. Iniziò così un nuovo
conflitto che è descritto in modo molto confuso dagli
storici romani. Secondo Livio, nel 326 a.C. furono espugnate
le città di Allifae (Alife), Callifae (forse Roccavecchia
di Pratella) e Rufrae (Presenzano) perché esse fungevano da
roccaforte alle tre vie di penetrazione nel Sannio (vedi Fig.1). Infatti
Allifae controllava quella dell'altopiano del Matese, Callifae
quella del Lete e Presenzano quella del Volturno.
Durante i primi anni del conflitto non ci sono indizi storici
che ci facciano intravedere dei combattimenti nell'agro trebulano.
Per porre fine al conflitto, i consoli romani Veturio Calvino
e Postumio Albino riunirono i loro eserciti e mossero verso
Calatia (Maddaloni). Da lì avrebbero dovuto avanzare in territorio
caudino, aggirando il versante meridionale del monte Taburno.
La lega sannitica era allora capeggiata da un abile condottiero,
Gavio Ponzio, il quale riuscì ad attirare l'esercito romano
in una stretta gola e, servendosi di enormi massi ed alberi,
riuscì a ostruire entrambe le uscite di tale gola. I Romani
subirono una umiliante sconfitta e furono costretti a passare
sotto il giogo delle lance. Questo episodio è noto come
disfatta
delle forche caudine (321 a.C.)
. In seguito fu stipulata
la cosiddetta pace caudina in base alla quale i Romani si
ritirarono dai territori sannitici e abbandonarono le colonie
fondate ai confini del Sannio. Dopo la sconfitta delle forche
caudine i Romani idearono una diversa organizzazione del loro
esercito: probabilmente fu in questa occasione che venne deciso
di portare a due il numero delle legioni di ciascun esercito
consolare. Nel 315 a.C. i Romani, con a capo Lucio Emilio,
decisero di espugnare la fortezza sannita di Saticula, sulla
cui ubicazione ci sono due correnti di pensiero: alcuni ritengono
che sorgesse dov'è oggi S. Agata dei Goti, altri studiosi
la collocano nel comune di Roccaromana, nei pressi di Statigliano.
Probabilmente la seconda congettura è quella più verosimile,
in tal caso l'episodio avrebbe coinvolto un territorio confinante
con quello trebulano.
L'assedio di Saticula diede ai Sanniti il pretesto per intervenire;
l'esercito romano fu attaccato su due fronti: da una parte
c'era l'esercito sannita, dall'altra gli abitanti di Saticula,
aperte all'improvviso le porte, attaccarono violentemente
i posti di guardia nemici ma alla fine i Romani riuscirono
a tenere testa al conflitto. I Sanniti, persa ogni speranza
di difendere Saticula, si ritirarono e si misero ad assediare
Plistica, città alleata dei Romani, per restituire al nemico
un colpo di uguale portata. Secondo Diodoro Siculo, Plistica
era ubicata a circa tre chilometri da Saticula ma entrambe le
città non sono state ad oggi identificate con precisione.
Alla fine dell'anno
il conflitto fu ripreso da Quinto Fabio che prese in consegna
le truppe di Lucio Emilio. I Sanniti, nonostante un valoroso
combattimento in cui persero la vita il maestro di cavalleria
romano Quinto Aulio Cerretano e lo stesso comandante dei Sanniti,
non riuscirono a difendere la città di Saticula per cui si
impossessarono di Plistica, mentre Saticula dovette arrendersi
ai Romani. I Sanniti, nel corso della guerra, per ben due
volte costituirono una seria minaccia per i Romani in quanto,
appoggiati dagli Equi e dai Volsci ostili a Roma, irruppero
con il loro esercito quasi alle porte di Roma.
Due elementi
giocarono a sfavore di una definitiva vittoria sannitica:
gli Etruschi, alleati dei Sanniti, non intervennero a dar
loro man forte ed inoltre i Sanniti si videro minacciati in
Apulia, dall'invasione di un altro re spartano Acrotato, diretto
verso la Sicilia, ove regnava Agatocle.
Un combattimento che interessò una zona limitrofa all'agro
trebulano è quello relativo al 305 a.C..
I Sanniti assalirono
il Campus Stellatis (piana tra Bellona, Vitulazio e Pignataro
Maggiore) che apparteneva alla Campania settentrionale. Entrambi
i consoli romani L. Postumio Megello e T. Minucio Augurino
respinsero l'attacco e passarono alla controffensiva. Secondo
Livio, essi mossero attraverso il massiccio del Matese attraverso
due diverse direzioni. Sarebbero passati da entrambi i lati
della Rocca Monfina, con Postumio alla guida della colonna
orientale, che sarebbe passata per Cales e Teanum Sidicinum,
e Minucio alla guida dell'altra, più spostata ad occidente,
che sarebbe passata per Suessa Aurunca. Probabilmente le due
colonne si riunirono nei pressi di Rufrae e, dopo aver attraversato
il massiccio del Matese, espugnarono Bovianum, la capitale
dei Pentri(vedi Fig.2). La guerra si concluse nel 304 a.C; I Sanniti persero
delle posizioni nella valle del Liri, precludendosi una possibile
espansione verso il Lazio meridionale. I Romani trasformarono
i territori lungo il confine tra Lazio e Sannio in alleati:
le città assoggettate divennero civitas federatae, ovvero
dovevano agire in stretta collaborazione tra loro e con le
vicine colonie latine. La prova di tutto ciò è data dai medesimi
caratteri che sono stati ritrovati sulle monete di Aquinum,
Teanum Sidicinum, Cales e Suessa Aurunca.
Tutto sommato, il Sannio rimase integro in termini di confederazione.
La potenza sannita in termini di popolazione e territorio
non superava più, come un tempo, quella romana ma non era
però nemmeno troppo inferiore. Non si può negare che i monti
Trebulani rimasero un avamposto invidiabile per effettuare
eventuali attacchi futuri nella piana della Campania settentrionale.